Stamane c’è stato un grande spettacolo alle quattro. Mi sono svegliato ed ho aperto la finestra, ed è stato come essere nella giungla. La città era assopita e i richiami degli uccelli creavano un concerto indimenticabile, unico. Ero in balia dei suoni da una parte all’altra, una vita indescrivibile si muoveva sopra i tetti, sugli alberi, in volo.
La natura a quell’ora si reimpossessa della città, è come essere sull’autostrada nell’ora di punta, solo che non si è avvolti dallo stridolio dei suoni meccanici o dall’odore dei tubi di scappamento, ma ci si trova incantati dalle miriadi di voci che vibrano nell’aria, da quelle piccole boccucce che emettono richiami per accoppiarsi.
Il bel canto… quanto abbiamo ascoltato loro cantare, quanto l’uomo è stato in silenzio a imparare da questi animali che sembrano essere marginali nella sua vita…
Appena prima delle quattro partono i primi uccelli e piano piano l’orchestra monta, come nel Bolero di Ravel si aggiungono altri elementi a ogni giro di do, a ogni melodia che sembra sempre uguale anche se è sempre differente.
Continuano per un ora e smettono prima del nuovo giorno, prima dei bagliori di una rinascita.
Avviene tutto di notte, si scelgono, si amano e si accoppiano. E così nell’oscurità avviene il concepimento.
Cercheranno di creare nidi un giorno dove posare le loro uova, dove far nascere nuovi cantanti, dove far spiccare altri voli. Quanto poco si sa degli uccelli…
Il sole brilla dalle finestre ora e ha cambiato il suo arco, cosicchè non penetra più direttamente puntandomi addosso la sua luce, ma entra trasversalmente riscaldando senza inondare.
A Hong Kong, l’ultima tappa della Cina, ci siamo arrivati un po’ stanchi, i continui traslochi da un luogo ad un altro ci avevano scombussolato le meningi.
E’ così strana questa isola con le sue sopraelevate, che per attraversare la strada ci si perde in un reticolo di tunnel su più piani.
Siamo stati all’orto botanico e zoologico, che è un piccolo parco in pendenza sulla costa di una collina.
Sebbene dicano che ci sono mille speci diverse, sono stato attratto dalle grandi bambuse, dei banyan giganteschi, i ficos microcarpa che da noi si vedono solo nei bonsai e da alcune piante carnivore. Mi aspettavo una vasta area piena zeppa di alberi differenti e sconosciuti come avevo visto nell’orto botanico di Penang in Malesia o come quello di Singapore, ma ho visto più animali sconoscuti che piante.
Lorella ed io siamo rimasti letteralmente esterefatti dagli Ibis Scarlatti, di un colore così forte che sembravano fosforescenti e dagli ibis sacri. Erano sacri per gli antichi egizi perché, dopo le piene del nilo, liberavano dai rettili le terre dove le acque si erano ritirate e su cui avrebbero coltivato. Il primo studio sulle misurazioni si dice sia nato lì, perché dovevano suddividere un vasto territorio per migliaia e forse milioni di coltivatori.
L’Ibis sacro per loro era l’incarnazione di Thot, infatti nelle rappresentazioni si trova questo dio con la testa dell’uccello; era il protettore della parola, dell’astronomia, dei maghi e dei guaritori.
Poi abbiamo visto tucani, gru e moltissime specie di uccelli diversi chiusi in quelle improbabili gabbie. C’erano anche oranghi e scimmie di vario tipo. Mi sono chiesto se il prezzo per venire a conoscenza di queste speci sia la loro triste clausura, per diventare oggetto di stupore per noi voyeur metropolitani…
Il “culto” dell’ingabbiamento mi sembra esprima la mancanza di libertà delle persone che lo hanno realizzato. La scusa dello studio non basta a coprire questo desiderio dell’uomo di catturare un altro essere per trattenerlo a se.
E’ una pratica così diffusa nel mondo, soprattutto quello “civilizzato”, che sembra che poco importi.
Il sole ha raggiunto lo zenith e il suono del silenzio si è manifestato spontaneo.
Mi lascio avvolgere da questo incanto,
cullare da questa musica,
adagiare in questo abisso.
aspettavo una vasta area piena zeppa di alberi differenti e sconosciuti come avevo visto nell’orto botanico di Penang in Malesia o come quello di Singapore, ma ho visto più animali sconoscuti che piante.
Lorella ed io siamo rimasti letteralmente esterefatti dagli Ibis Scarlatti, di un colore così forte che sembravano fosforescenti e dagli ibis sacri. Erano sacri per gli antichi egizi perché, dopo le piene del nilo, liberavano dai rettili le terre dove le acque si erano ritirate e su cui avrebbero coltivato. Il primo studio sulle misurazioni si dice sia nato lì, perché dovevano suddividere un vasto territorio per migliaia e forse milioni di coltivatori.
L’Ibis sacro per loro era l’incarnazione di Thot, infatti nelle rappresentazioni si trova questo dio con la testa dell’uccello; era il protettore della parola, dell’astronomia, dei maghi e dei guaritori.
Poi abbiamo visto tucani, gru e moltissime specie di uccelli diversi chiusi in quelle improbabili gabbie. C’erano anche oranghi e scimmie di vario tipo. Mi sono chiesto se il prezzo per venire a conoscenza di queste speci sia la loro triste clausura, per diventare oggetto di stupore per noi voyeur metropolitani…
Il “culto” dell’ingabbiamento mi sembra esprima la mancanza di libertà delle persone che lo hanno realizzato. La scusa dello studio non basta a coprire questo desiderio dell’uomo di catturare un altro essere per trattenerlo a se.
E’ una pratica così diffusa nel mondo, soprattutto quello “civilizzato”, che sembra che poco importi.
Il sole ha raggiunto lo zenith e il suono del silenzio si è manifestato spontaneo.
Mi lascio avvolgere da questo incanto,
cullare da questa musica,
adagiare in questo abisso.