Il Paradiso Dentro

Mentre camminavo a Milano verso il parco sempione mi sono imbattuto in una distesa di calicantus, migliaia di fiori gialli che profumavano di gelsomino mi hanno inondato. Più avanti un albero di mimosa e dei cespugli di amamelide hanno donato anch’essi i loro fiori gialli. Manca la forsizia per aprire le danze a una primavera precoce.

Qui fra gli ippocastani e i platani si aggirano famiglie di cinciallegre in festa, qualche merlo e tanti piccioni. Se ci si lascia andare nella musica dei richiami, anche di quelli di qualche cornacchia grigia, diventa un piccolo paradiso.. il suono della città si affievolisce, s’inabissa, rimane di sfondo.

C’è una grande Presenza che mi avvolge ora. Non è stato sempre così, ho cercato paradisi lontani per calmare la grande sofferenza interiore che provavo. Molto spesso ho cercato un paradiso all’esterno, per colmare quel vuoto che mi angosciava e che mi faceva anelare a un mondo diverso. Quante persone mi dicono che cercano un luogo migliore, un luogo più consono a loro stessi. Quante persone cercano altro da se stessi. Stare con se stessi non gusta più, annoia, turba.

Un altro se stessi, è un altro approccio a se stessi, è riuscire a crearsi il proprio paradiso interiore. Bisogna trasformare questo luogo fertile in un terreno dai mille colori, che riesca a godere dell’armonia e a rifuggire la musica sincopata che si agita dentro di noi. Ntrare in sintonia con il bello, che può essere un semplice raggio di sole, un fiore, un uccello che si avvicina, senza la paura che ci possa fare del male o che ci caghi in testa, ma godere della sua presenza, come della nostra Presenza a lui.

Per alcuni questa storia della presenza annoia, dicono: che ci faccio con la presenza? Non mi entusiasmo, non mi eccita, non mi da mangiare. Tutto vero, come tutto vero è che se non si riesce a godere delle piccole cose il paradiso dobbiamo aspettare che arrivi dopo la nostra morte, invece di crearcelo qui.

C’è una ghiandaia qui vicino a me  che saltella e scruta a terra dove mangia qualcosa, alza il collo a scatti e si guarda attorno per vedere se ci sono pericoli. Qui è semplicemente calmo, sono lontane le spiagge e i mari, c’è anche mancanza di vento ma c’è Presenza e una leggera brezza mi accarezza il viso.  Trovare un paradiso sembra più difficile di quanto in realtà è. E’ la disposizione che noi abbiamo ai luoghi che cambia il nostro sentimento interiore, se cercassimo ogni giorno un entrata in questo luogo incantato che ci accompagna sempre, forse avremmo meno bisogno di cercare all’esterno un paradiso.

Per entrare nel bosco incantato ci vuole un tentativo di ricongiungimento deciso, ci vuole una presa di coscienza dell’importanza che ha trovare il proprio paradiso interiore, bisogna voler tornare a casa. La propria casa, che non è fatta di mattoni o di paglia, è costituita da piccole percezioni, da sottili respiri e da abbondante silenzio. C’è un silenzio in cui la mente non chiacchera e in cui si può guardare gli alberi così come sono, stabili con il loro radicamento a terra. Lao Tze disse: A una mente ferma l’intero universo si svela.

Questo intero universo è il nostro paradiso, il luogo in cui possiamo dimorare.

Forse molti sentono di più l’inferno e se fortunati il purgatorio, ma se non cercano sprazzi di paradiso nel proprio quotidiano faranno difficoltà a liberarsi da un presente che gli angoscia e li tormenta.

Per prendere un volo dentro se stessi ci vuole sacrificio, nel senso che si deve abbandonare l’io che desidera ogni cosa e lasciarsi andare al grande silenzio, al grande “Bho”.

Faccio qualche passo più avanti vicino al laghetto, una ragazza mi viene incontro tremendamente scossa e corrucciata. Le chiedo che cosa c’era che non andava e mi dice che c’è un topo che naviga nel laghetto insieme ai germani e le anatre. Ho proseguito verso la sponda per incontrare il terribile mostro che si aggira per il lago. Un ratto navigante , molto simile a una piccola nutria. Era più spaventata la ragazza che il topo evidentemente.

Esteriormente quel luogo era sereno, ma dentro di lei era l’inferno. Era lì con altre ragazze e con un bambino in carrozzella, che non hanno avuto la stessa reazione. E’ andata via scioccata poverina, chissà che mostri si stavano aggirando dentro di lei perché quello era un semplice topo, bruttino certo, ma innocuo.

Questo succede davanti a tanti aspetti della vita, è l’ennesima conferma che non è il luogo esteriore che fa di un area un paradiso ma è come ci approcciamo alle percezioni che viviamo, a come come cerchiamo un luogo che sia, anche per un attimo, la nostra dimora.

Quando ho viaggiato per molti mesi nel sud est asiatico, cambiavo spesso stanza e paese e per far si che il luogo in cui arrivavo fosse mio, ricreavo nella stanza con degli oggetti, un tessuto, una candela e un incenso, un atmosfera familiare. Mettevo all’esterno qualcosa che mi facesse sentire che quella era la mia casa, che era un luogo sicuro e prezioso dove potevo trovare rifugio, dove potevo lasciarmi andare e tornare dentro di me, senza paura, nel grande Bho…

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