IL VOLO A VELA
Mi trovo in un albergo nella periferia di Milano. Lorella è dovuta andare nella ditta dove svolge una consulenza tecnica per la creazione di vestiti.
Dalla finestra il paesaggio è grigio, vedo un grande traliccio della corrente e dei capannoni squadrati. Scorgo anche un simil-pioppo, un pino mugo, due abeti, qualche piccione, un uccellino che canta. Mi tengono compagnia.
Sebbene il cielo sia sereno, una cappa di foschia offusca la sua limpidezza. Sembra tutto statico, anche i cumoli di neve ai bordi della strada.
E difficile lasciarsi andare a un volo libero con un panorama così, manca uno sprazzo di gioia, di vivacità, di solennità.
Ora ci sono due piccioni che amoreggiano davanti a me, si strusciano il collo a vicenda mentre attendono che i raggi del soli li scaldino.
Suonano le campane e il canto dell’uccellino di prima sia è fatto più intenso.
Vedo la strada ed è strano sbirciare l’umanità attraverso delle scatole di ferro che si muovono, sento la mancanza di osservare i gesti delle persone, i loro corpi in movimento, la loro naturale diversità. Passa un autombulanza a sirene spiegate, per un attimo tutta l’attenzione si versa su di lei, sul pericolo di una morte imminente.
In questa stanza hanno deciso di escludere le piante, la natura vegetale non è contemplata nell’arredamento…Tutto è così asettico.
La musica può aiutare il volo, se chi l’ha prodotta ha saputo trasmettere il suo momento di connessione e se quella musica entra in sintonia con il luogo dell’anima cui si vuole esplorare. Ogni musica ha un suo momento.
Un giorno, sulle montagne sopra McLeod Ganj, in India, ho incontrato un arzillo settantacinquenne inglese che stava a qualche casa da me, faceva il compositore di musica classica.
Se ne stava tutta la mattina seduto cercando di comporre una sinfonia ascoltando gli uccelli, cercando di riprodurli nella sua mente con i nostri artificiosi strumenti.
Mi diceva che era arrabbiato con un uccello perché gli scomponeva l’armonia.
Chissà se un giorno accettò nell’orchestra quell’indisciplinato suonatore…
Sapeva essere anche molto umano e scendeva da me a bersi un buon the verde cinese, che da inglese apprezzava, e a suonare la chitarra con canzoncine simpatiche da lui composte e cantate per dei bambini. Era uno spasso di vecchietto. Con persone così potrei rimanere giorni a parlare.
Guardavamo anche le aquile insieme, ce n’erano di bellissime da quelle parti che planavano in voli magnifici e intensi tra le montagne. Una volta abbiamo visto anche l’invidia di tre corvi che cercavano di interromperle, spezzare quel loro tagliare il cielo. Hanno attaccato lateralmente insieme, a distanza ravvicinata uno dall’altro, lei con un avvitamento li ha sorvolati, mentre loro continuavano a gracchiare.
La nobiltà del suo gesto ci lascio sbalorditi e silenti.
Guardavamo le aquile in trepida attesa, quando stavano posate in un equilibrio instabile su un cavo della luce, ammiravamo il loro dondolarsi sottile, la loro precisa attenzione, pronte per un nuovo spicco.
Prima del tramonto le si vedeva volteggiare abili nel vento, cogliere ogni “termica”(correnti calde ascensionali) per spingersi più avanti, più in là, oltre.
Anche noi abbiamo bisogno di imparare a volare così nelle nostre riflessioni, riuscire a cogliere ogni piccolo particolare per integrarlo nel nostro volo e non lasciarci sbatacchiare dalla corrente del vivere con gli altri ma anzi usare questa energia per innalzarci, per crescere, per migliorarci, per dare luce alle nostre zone buie. Le energie sono importanti per vivere e sarebbe bene che le facessimo circolare nel miglior modo possibile.
Uno spazio di solitudine però è altrettanto necessario per scrutare l’influenza che il mondo ci da.
Senza uno spazio di solitudine si rischia di rimanere intrappolati nella morsa dei pensieri altrui, di seguire senza filtro tutto ciò che gli altri fanno e dicono, considerandolo nostro, credendo addirittura che sia la nostra volonta, che sia il nostro libero arbitrio.
Uno sguardo critico sano, senza essere eccessivamente discriminante, ma radicale e radicato ci permette di vivere in sintonia con i moti interiori, che ci consente di vivere felicemente, o se ci fanno soffrire, almeno possiamo indagarne a fondo le cause.
Nessuno lo può fare per noi, ci possono aiutare, ma ciò che ci giace dentro, solo noi possiamo comprenderlo fin nel suo alveo. Solo a noi è data la possibilità di afferrare i più piccoli dettagli, di navigare nella sorgente del flusso che ci attraversa e che ci abbevera.
Le luci e ombre del nostro presente vanno colte ad ogni nuova fioritura, vanno accarezzate per indicargli la via per sbocciare.
Solo ognuno di noi individualmente può farlo in tutta pienezza.
Anche se l’acqua della nostra sorgente è sporca e poco potabile, anche se ogni tanto ci provoca indigestione, anche se i crampi allo stomaco ci fanno rimanere paralizzati da cotanta miseria, è solo così che può essere, per quanto possibile, ripulita.
Il sole ora brilla dalle finestre e riflette frastagliato in questa strana stanza, illumina il cuore di un nuovo intenso giorno.