PULCINI

Nevica ancora. Tra poco si arriverà a trenta centimetri di neve.

Ieri sera è arrivaro Devis a trovarci dalla toscana, doveva andare da un dentista qui vicino ed  è rimasto da noi. Stamani quindi Lorella, Devis, i cani ed io, siamo andati in giro per la città a vedere questa nuova atmosfera.

La gente era ben disposta a scambiare due battute. Succede così davanti alle difficoltà. Viene più spontaneo sentirsi uniti, sentirsi parte, di una circostanza che coinvolge tutti. Penso alle amiche nutrie, alle lepri, ai caprioli e a tutti i volatili della riserva. Chissà se hanno messo da parte delle provviste? Chissà come vivono questo evento?

Le dinamiche di una città cambiano davanti a tanta neve. Molti si fermano. Alcuni annullano gli appuntamenti. Il pensiero mio va anche ad alcuni che sono in difficoltà più serie. Ieri mentre andavo al supermercato con la cippa e goku ho incontrato Luca, un ragazzo che vive per strada e che apparentemente vuole trovare una condizione più confortevole, ma continua a negarsi un sacco di possibilità. Soluzioni ce ne sarebbero.

Ha perso il padre un anno e mezzo fà e gli è sconosciuto dove vive sua madre. Con il fratello poi, ha una relazione conflittuale. Si sente che il mondo gli è tutto contro. L’ho conosciuto perché è andato da Maura e Fabrizia qualche sera, a chiedere da mangiare.  Quando una persona decide di rifiutare l’aiuto di qualcuno, ci si può mettere tutta l’energia che si vuole ad aiutarla, senza arrivare a nulla.

Per essere in grado di ricevere l’aiuto di qualcun altro, bisogna essere aperti a ricevere ciò che ci viene offerto. Ame è capitato di girare in lungo e in largo a chiedere aiuto, ma il mio orgoglio chiudeva a tal punto il cuore, da non lasciare una fessura aperta per accettare con gioia ciò che mi veniva offerto. E’ una sensazione in cui si fa difficoltà ad abbandonare le proprie credenze, le proprie idee cristallizate della realtà e il paesaggio intorno a noi diventa una rappresentazione dell’umiliazione interiore che si sta vivendo e che si manifesta con l’orgoglio.

Quanta paura che ci portiamo dietro…

Ogni tanto si diventa come quei pulcini di uccello indifesi che aspettano solo di essere imboccati, perché sono impotenti davanti alle difficoltà che la realtà ci pone. Ci sentiamo senza strumenti per interagire con il mondo, in particolare nelle relazioni umane che sono forse lo scoglio più difficile. Nella relazione ci si specchia con l’altro, si manifestano delle cose di noi, che appena un attimo prima credevamo non ci fossero.

Se si adottasse il saluto Maya “In lak’ech”, sono un altro te stesso, forse ci permetterebbe di riconoscerci come parte di uno stesso essere, un riconoscerci con la totalità.

Nevica forte e domani, se va avanti così, bisognerà uscire con gli sci di fondo…Ho visto i piccioni nascondersi sotto le tettoie, vicino ai camini, tra le grondaie. Chissà che cosa hanno trovato da mangiare stamattina davanti a queste che per loro, sono grandi avversità.

Di fronte a me c’è una poesia di Walt Whitman appesa alla parete. Era un manifesto che aveva fatto affiggere Sgarbi in un colpo di genio, quando era assessore alla cultura di Milano. In tutta la città si potevano trovare affisse, accanto ai cartelloni pubblicitari, varie poesie tra cui: Continuità

 

Nulla è mai veramente perduto, o può essere perduto,
nessuna nascita, forma, identità – nessun oggetto del mondo,
né vita, né forza, né alcuna cosa visibile;
l’apparenza non deve ingannare, né l’ambito mutato confonderti il cervello.
Vasti sono il tempo e lo spazio – vasti i campi della Natura.
Il corpo lento, invecchiato, freddo – le ceneri rimaste dai fuochi di un tempo,
la luce degli occhi divenuta tenue, tornerà puntualmente a risplendere;
il sole ora basso a occidente sorge costante per mattini e meriggi;
alle zolle gelate sempre ritorna la legge invisibile della primavera,
con l’erba e i fiori e i frutti estivi e il grano.

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