Un titolo a scelta

E’ già qualche giorno che nel pomeriggio, un paio d’ore prima del tramonto, mi precipito in bibicletta verso il fiume. Mentre cercavo un posto un pò distante dalla gente che passeggia per ascoltare e osservare gli uccelli, mi sono imbattuto in un ex-cava. A vedere dagli alberi, si direbbe in disuso da più di 50 anni. Essendo un luogo circondato da una rete, e su di essa ci sono cartelli arrugginiti che indicano il pericolo di scivolare, nessuno ci và. In principio sono rimasto attento e immobile a guardare gli uccelli che passavano: un picchio, qualche passerotto e delle gazze ciarliere e casinare. Il sole intanto calando illumina le cime degli alberi.

Poco dopo mi addentro.

C’è una dimensione interiore diversa nella natura, bisogna entrare in un livello più profondo per comprenderla. Ogni piccolo gesto viene amplificato enormemente e viene notato a moltissimi metri di distanza. Gli uccelli scappano se faccio un gesto inconsulto, anche se lo spazio che intercorre tra  me e loro è ampio.  Se vogliamo comprenderla ed entrarne a far parte, bisogna congedare i pensieri che ci portano altrove, allontanarci da quel senso di separatezza che l’io produce ed entrare in contatto con la grandiosità che ci avvolge e di cui siamo un frammento. Occorre porre massima attenzione a ciò che succede intorno a noi, come in questo momento qui, mentre io scrivo e voi leggete.

Se mentre scorrete gli occhi su questo testo la vostra mente già vaga, perchè brama di leggere altre cose ancora, di rispondere a una richiesta che vi hanno fatto, di far questo o quell’altro, FERMATEVI.

Ci vuole lo spirito giusto per comprendere quest’esperienza.

Il tempo serve solo per organizzare la comunità, il tempo che ci rende schiavi di fare una cosa dietro l’altra è il tempo sociale, il Kronos.  Il sole non si cura dell’orologio per sorgere. La terra segue il suo corso.

Quando l’attenzione diventa affilata come una lama è possibile addentrarsi nella radura.

Superato il vecchio muro di cinta, scorgo una tana e sento scappare una lepre.Ad ogni piccolo passo ora, sebbene cerchi di muovermi in maniera felpata,  mi accorgo che lo spostare rametti e calpestare le foglie, crea un immenso frastuono.  …<Che cosa è venuto a cercare quell’essere in questo luogo? Che cosa và cacciando?>…  Un altro passo e parte starnazzando un fagiano che stava imboscato a qualche passo da me. Mi spavento. Dopo i passi, la lepre e il fagiano ora tutti sanno che c’è un intruso in questo luogo incontaminato, in questa piccola riserva.

Nella natura gli animali si avvertono dei pericoli l’un l’altro, si comprendono al di là del linguaggio, comprendono lo stato d’animo di fondo dal verso che viene emesso e dall’attività dei movimenti. Quando ci portiamo ad entrare in questa dimensione, in questa meravigliosa apertura, che viene chiamata religiosamente stato di grazia (e ci hanno mostrato così tante immagini per spiegarla, che ora le stesse, sono più importanti della disposizione di spirito stessa), riusciamo a comprendere ciò che agita gli altri esseri umani intorno a noi. Quando siamo in contatto con ciò che ci circonda, si riesce a sentire ciò che spinge a un determinato gesto o a certe parole, al di là delle mille motivazioni che ci possono essere. Ciò che diventa veramente significativo è lo stato d’animo di quella persona. Per questa disposizione è’ indispensabile un ascolto profondo di se stessi, si allargherà anche a quello che vivono gli altri.  E’ opportuno prendersi uno spazio tutti i giorni e rimanere immobili ad ascoltare, a sentire cosa vibra nelle nostre membra.

Come possiamo migliorare la comprensione di noi stessi se siamo sempre indaffarati? Come possiamo accedere a quell’attenzione verso la natura, se continuiamo a camminare sulla strada che hanno percorso e solcato gli altri?

Forse per fare il primo passo al di là del conosciuto, è necessario uno scatto d’orgoglio, che poi potrà essere ridimensionato e diventare confidenza con se stessi, perchè è di quello che abbiamo bisogno per addentrarci nel bosco. In principio si partirà super-accessoriati, stivaletti di goretex e abbigliamento da Himalaya. Un fardello pesante. Piano piano che la paura scema e la confidenza cresce, molti oggetti e abilità diventeranno superflui, quasi sgraditi. E ce ne libereremo.

Mi ricordo quando attraversai con una spedizione la giungla malese, era la prima volta che approdavo in Asia ed ero li da un mese o poco più. Sono entrato in giungla con i tipici stivaletti da trekking occidentali e i locali invece; uno aveva delle scarpe da tennis, un’altro i sandali e uno addirittura con le infradito che poi si ruppero e prosegui per giorni scalzo. La giugla tropicale è di una rigogliosità irrefrenabile. Uno degli avvertimenti che mi aveva dato Wan Ali, un guru della giungla che era con noi era: “if you see a king cobra, just say <GO AWAY!>, lui capirà che tu non sei interessato alla sua strada e si allontanerà mi diceva… Per fortuna non ne abbiamo incontrato uno. In compenso ogni tanto guardavo sopra le caviglie, oltrepassati gli stivaletti, 6-7 sanguesuga alla volta di un centrimetro di diametro e 4-5 di lunghezza si stavano abbeverando alla mia sorgente… Mi agitavo tantissimo per sbarazzarmene e guardavo l’amico scalzo che quasi non ci faceva caso alle sue. Quando gliene capitava una, la toglieva con grande semplicità e affettuosamente, girandosi verso di me e ridendo di gusto, come fosse uno spasso.

Siamo noi che ci agitiamo davanti a molti eventi che di per se non sono pericolosi e oltretutto abbiamo la tendenza mentale di spaventarci davanti a un immagine di un pericolo, che emerge dal maremagnum dell’inconscio, prima ancora che il pericolo sia reale.  Ci siamo creati un mondo iconografico di paure…

Intanto il cielo si è annuvolato e quel sentimento di sterminata apertura si è fatto più fitto, intenso. I piccioni hanno iniziato a volare insieme a cerchio fino ad ammassarsi su un tetto, quasi a presagire che verrà la pioggia.

La capacità umana di spostarsi nel Passato e nel Futuro, da un luogo delle briciole della memoria alla creazione di un altro possibile e incerto, ci porta a rischiare di essere scaraventati fuori dalla compresenza, in questo luogo incantato, di natura omnipresente.  Le campane della chiesa qui, rintoccano la nostra attenzione allo stare insieme con i nostri simili, alla comunità, al nostro essere sociali.

Riuscire a stare in equilibrio tra il Kairos e il Kronos, il tempo sociale, è come essere quell’uccello che penzola su di un ramo fine e traballante.  E’ la stessa esperienza che si prova quando entriamo nel bosco e siamo attenti a lasciar pressoche intatto ciò che incontriamo nel nostro cammino.

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