Oggi è stata una giornata di passeggiate…
In mattinata sono stato con due studenti a trovare gli amici della croce rossa, sempre simpatici e accoglienti, per risolvere un problema medico che affliggeva una studente e che le creava così tante difficoltà, che si sono volatilizzate in un incontro. A volte ci vuole così poco…
È stato divertente il viaggio, per strada il taxi ha bucato in uno svincolo pericoloso, perché era rimasto senza benzina. Dopo averla spinta fuori pericolo, io ero già pronto a cercare un’altra macchina. L’autista ha fermato un pulmino e ha tirato fuori una corda fatta di 5 pezzi annodata e si è fatto trainare al benzinaio, sicuramente non era la prima volta…quattro risate, mezzora di tempo e siamo ripartiti.
Fremevo un po’ per andare visto che eravamo in ritardo, ma qui è così, i cambi di rotta avvengono in ogni momento e se non li si accetta si soffre per niente. L’idee e la realtà che cozzano.
Un po’ come le idee psicologiche… da quando ho cominciato il workshop in Università ho dovuto cambiare un sacco di cose al pseudoprogramma che avevo. Ogni cultura, e specialmente quella persiano –afghana, richiede dinamiche di lavoro diverse. Ogni giorno mi devo inventare una nuova modalità di gruppo, un nuovo lavoro psicoterapico basato sui loro bisogni, sulle loro mancanze, sulla loro cultura e sulle loro tradizioni.
Uno psicologo normale impazzirebbe è più un lavoro di arti marziali psicofisiche . Qui bisogna fare terapia senza farlo esplicitamente. E più che terapia bisogna dare strumenti di lavoro, aiutarli a dissolvere i dogmi, permetterli di maturare in se stessi la confidenza necessaria per affrontare il pesante giudizio sociale che li circonda. Cerco di aiutarli ad abbandonarsi per far calare il muro, la corazza, la paura che si struttura nel corpo. Tutto per poi riuscirsi a difendere in maniera rilassata, con il corpo dolce e svelto, Attenti senza essere reattivi, attivi senza essere aggressivi, leggeri con radicamento, lucidi e presenti al proprio corpo. E poi fiducia, fiducia, fiducia… L’unico modo per superare la paura è instillare la fiducia, dando fiducia, creando possibilità di fiducia.
Basta guardare i muri di cinta delle case, l’architettura, per comprendere le dinamiche di paura che ci sono. I muri sono alti. se guardi dentro una casa s’incazzano, perché c’è la paura che si possa violare con il “tatto” della vista le persone, le loro donne.
Riflettevo questo mentre camminavo per strada. Poi ci si accorge che il muro è più piccolo di quanto sembra, tutto fila liscio, i negozi vendono la loro roba, la gente affolla le strada ed è in giro. LE studenti camminano a gruppi, i ragazzini sono in ogni strada, alcuni mendicano o semplicemente girano a gruppetti di due tre per cercare qualcosa da portare a casa da mangiare, per far quadrare la giornata.
L’atmosfera è rilassata per le strade, anche chi non ha niente sorride, cerca spiragli, solfeggia.
E poi penso agli studenti del corso che tuttavia sono fortunati e saranno quelli che dovranno aiutare questa città a trovare nuovi spunti, a dissolvere dei miti, a sciogliere i nodi delle persone che chiederanno aiuto.
Mi chiedo come facevano nel dopoguerra, come si occupavano dei traumi di una società intera?
Mi ricordo che tutti gli anziani con cui ho parlato, raccontavano si storie del tempo della guerra, ma nessuno diceva che aveva ammazzato qualcun altro. Si parlava ogni tanto dei morti che avevano visto, anche se mai delle ferite che si portavano dentro. Magari li vedevi duri davanti a delle situazioni in cui a te si apriva il cuore. Molti di loro avevano cementato un po’ della loro sensibilità, chiuso ermeticamente qualche squarcio di cielo insanguinato che li aveva segnati per sempre e che li spinto a creare un muro dentro, una corazza, una scorza che spesso è stata vista con rispetto più che con compassione.
Qui è il tramonto e le luci tra il rosa e il blu infondono quella morbidezza prima della notte. Aumenta il silenzio, la gente torna a casa, le strade tornano spoglie.
Camminare per la città dove trovi i negozi di settore, la strada dei benzinai privati, quelli che ti versano la benzina iraniana dal negozio con l’imbuto, la strada dei riparatori di gomme e quella dei venditori di semenze di tutti i tipi:”apriti” Sesamo tostato, pistacchi, ceci tostati, mandorle dolci e amare salate, noci, uvetta bianca e nera, noccioline, semi di zucca, semi di melone, semi di girasole, fagioli mung(quelli piccoli e verdi) e mille altre varietà. Magari tutto nei sacchi alti un metro. Decine e decine di negozi simili attaccati. Quella cosa che si chiama concorrenza qui ha tutto un altro aspetto rispetto alla competizione che c’è da noi. Un’altra etica. Si e’ esenti da quei centri commerciali con il monopolio di questo o quell’altro marchio, dove migliaia di persone lavorano per un gruppo di pochi.
Questi sono gli aspetti di una società che è ancora libera da certi sfruttamenti che noi abbiamo integrato come normali, c’è più cooperazione. C’è anche qui quello più bravo che anticipa gli altri. Loro piano piano cercheranno di imparare da lui e per certi aspetti è rispettato per il suo portare miglioramenti.
Allora tutto quello che da noi si chiama decrescita si può imparare da qui? Decrescere di ego o descrescere di ambizioni? Riuscire a provare gratitudine per quello che fa meglio di te, perché ti permette di migliorare te stesso è possibile?
Osservo, cerco di imparare.
Il mullah canta. Allahhhhh… io cammino.
Ascolto questo richiamo ad ascoltarsi, questo invito a rivolgersi all’interno, a riflettere, a “conscienziare”…
È difficile che ci sia un furto per le strade anche se mi hanno detto che avvengono. Vedo bici slegate, moto slegate, auto mezze aperte. A milano se non giro con un catenaccio da competizione mi rubano anche le carcasse di biciclette con cui giro. Perché? Cosa c’è che non va nelle nostre città?
Eppure qui la gente dice che c’è poca sicurezza… bhe quella stadare lascia un po’ a desiderare, quei tre semafori che ci sono in tutta la città li ho sempre visti lampeggianti e per guidare ci vuole la licenza del far west, più che quella internazionale.
E’ vero che quando fanno saltare una bomba davanti a qualche luogo frequentato da internazionali, chi muore sono gli afghani, mica li stranieri.
Allora c’è più quella paura che possa accadere un imprevisto de genere nelle persone, più che quello che accada qualcosa intenzionalmente. C’è quella sottile mina nella fiducia della società. Ogni famiglia ha qualche esperienza di un caduto…
Quale altro modo c’è per instaurare fiducia se non quello di avere fiducia?
E’ la fiducia che abbatte i muri, che scioglie le corazze, che elimina i dogmi e che scavalca il giudizio degli altri. Fiducia per mantenere quella fede “cieca” che ci permette di camminare sui carboni ardenti.
Quella fiducia consapevole che la morte può colpirci da un momento all’altro, e che spesso non ci possiamo fare niente, è così.
Quell’esperienza intima che ci lascia sereni davanti all’ignoto, che è in tutti noi, anche se per molti dura qualche secondo. Sviluppare quell’esperienza, farla maturare, tenerla viva, tenerla alta, quando cade riacciuffarla presto… e continuare a camminare, a camminare.
E ogni tanto fermarsi, Amando la Vita… Così Com’è.
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