30/06/2013 Kabul, Afghanistan
Oggi piove a Kabul ed é un esperienza piacevole.
Le nuvole sono ammantate in cielo e di fronte al terrazzo le montagne troneggiano con antenne di tutti i tipi. A mano a mano che scende la vista dalla cima si vedono le case abbarbicate, due gazze che volano in coppia, qualche fringuello e degli uccelli con il petto azzurro che non riesco a riconoscere.
Giovedí sera, prima del venerdi santo mulsulmano, abbiamo trovato Khànaqah…
Me lo aveva suggerito lodin dell’agenzia da cui avevamo preso i biglietti per mazar el sharif, sebbene senza darmi l’indirizzo…abbiamo dovuto chiedere a tre tassisti diversi, fintantoché uno sapeva dov’era. Arrivati li scendiamo fiorella, @augusto ed io e proseguiamo per un vicolo senza uscita con al bordo persone sedute come fossero mendicanti. L’attenzione era concentrata su di noi e mandavo i salemelecchi a destra e a sinistra. In fondo un edificio con una porta aperta e gente che pregava singolarmente(é il posto giusto?) e ci si infila all’interno e proseguiamo cercando la scala che saliva al piano di sopra da dove veniva la musica. Il luogo manco a dirlo era poco invitante ed ha un certo punto ci fermano proibendoci di proseguire per via dell’ingresso di fiorella. Di donne non ce n’era neanche l’ombra. Ho provato a dirgli che aveva vissuto qui 50 anni fa e che suo marito aveva progettato due ospedalia kabul, ma un uomo con la barbetta lunga é stato intransigente e gentilemente ce ne siamo andati.
Credo che il coraggio di fiorella e il nostro accompagnamento sia stato comunque un momento di riflessione per loro, questo mettergli di fronte alla loro proibizione.
In taxi verso l’albergo mi viene comunque voglia di ritornare e, anche se con un pò di tetubanza, augusto decide di venire. Accompagnamo fiorella e torniamo. Ci conoscevano già.
Saliamo le scale del posto e troviamo un magnifico concerto qawwali, Un ottantina di persone sedute a terra a gambe incrociate, té e nan con halva che giravano per tutti. Siamo stati serviti da quello con la barbetta di prima…
Magici momenti in cui il tempo si perdeva e in cui musicisti con tabla, harmonium ed altri strumenti tradizionali si alternavano. Mi é tornato in mente quando dieci anni fa a benares, in india, con @lars siamo stati tutta la notte in un luogo come questo. Ogni tanto qualcuno si lasciava andare ad una danza estatica con le mani e con la testa.
La musica ci ha avvolto come un mantello e trasportato nel senza tempo. Ogni nuovo cantante cominciava con un inno, probabilmente con parti del corano o poesie sufi.
Chissà come hanno sofferto nel periodo dei talebani in cui la musica era proibita e i musicisti nascondevano gli strumenti per non farsi tagliare le mani. Pare che quando sono stati cacciati era rimasro un solo riparatore di strumenti a kabul…
E chissà com’era quando anche le donne suonavano…
Comunque siamo tornati a casa con grande soddisfazione, anche perché in questi luoghi, nelle zone povere della città, sono in pochi stranieri ad avventurarsi ed é stato un pò come essere pionieri…
Oggi ho scoperto che la Khanaqah e un rifugio o ostello della confraternità sufi dell’ordine chisthi, i cui principi sono amore, tolleranza e apertura(quest’ultima vorrei dialogarla con loro per via delle donne). Comunque tutto é stato offerto: la musica, il pane, il té e l’accoglienza, non si sono visti soldi girare e fuori nessuno ha chiesto l’elemosina, tutto era donato…
Probabilmente molte di queste proibizioni e segretezze, sono dovute al clima di chiusura di questi ultimi, difficili, trent’anni.
Le storie degli hippies che arrivavano via terra dall’europa e che in afghanistan trovavano un paese accogliente e speciale sono tramontate, ma la speranza che tra qualche anno tutto ciò che di bello questo paese ha da offrire al mondo, rimane nei cuore di chi ama l’afghanistan.
Putroppo negli ultimi anni, dopo la cacciata dei talebani, l’economia é diretta dal dollaro e l’iniezione continua delle agenzie governative soprattutto occidentali, ha drogato il mercato facendo si che i costi di un ostello che in india costerebbe 5 dollari, qui ne costa 60. Gente pagata 15mila euro al mese imprigionata nelle roccaforti di sicurezza della zona verde, che vive nel terrore che possa capitarli qualcosa da un momento ad un altro, che possa scoppiare una bomba o qualche kamikaze si lanci nel vuoto.
Il terrore crea terrore e permette di manipolare le menti per ottenere il potere e il denaro. Poi, come mi hanno confermato fonti che hanno visto direttamente tutto ciò, arrivano dei giornalisti italiani che non escono dal compound militarizzato e che vedendo degli elicotteri militari americani in ricognizione(che girano tutti i giorni), creano una sceneggiata ad hoc, tipo SIAMO A KABUL E STÀ SUCCEDENDO IL FINIMONDO… Cosí giustificando le migliaia di euro spese per venire.
potete bene immaginare quanto contrasto tra persone pacifiche, la paura, i guerrafondai, le azioni nobili di chi aiuta la gente veramente e quelli che semplicemente prendono lo stipendio di un mese che qui corrisponde a sfamare e mandare a scuole almeno 300 bambini.
Comunque tutto fluisce e il canto del muezzin ci accompagna tutto il giorno, seguito dalle carrozze con cavalli che girano solo di notte, dai lunghi( i turbanti), dai burka, dagli shadory, dalle showercamise(i vestiti degli uomini), dalle ciabatte di plastica, dai wassalemoalikum, dal pane timbrato, dal te verde al cardamomo, dai chioschetti con limonate, dall’uvetta, dallo yogurt di capra che é meglio della malnite, dal kebab che arrostisce in ogni strada, dalla tempesta di polvere che penetra dappertutto, dai taxi sgarrupati, dalla contrattazzione attiva che un pò gioca la legge del più forte, una sorta di gioco virile di furbizia, dall’henné sulle mani delle donne, dagli sguardi delle donne sotto lo shadory, dalla fame di comunicazione intima con le donne che si vede negli uomini, dalle fogne a cielo aperto, dai tappeti afghani e uzbeki, dalla gente che prega ovunque, dai bakshis che devi distribuire e da quella consapevolezza che quando cammini per strada, c’é bisogno di una grande attenzione, di una grande luce che ti faccia brillare il cammino….
Tashakur
Al
Bellissimo…come il tuo cuore e la tua anima.
giuseppe pennella
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È il nostro sguardo che si fa libero caro giuseppe
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