aforismi: meditando sull’arte della fuga…

L’ARTE DELLA FUGA
OVVERO, COME RITORNARE AL NUMERO ZERO

—INTRODUZIONE

La prima vera fuga che mi ricordo risale a quando avevo circa 3 anni.
Stavo seduto sul letto dei miei genitori e tuttoaduntratto mi sentii fluttuare nell’aria senza nessuna comprensione di quell’esperienza bellissima e piacevole che stavo vivendo.
Attimi di intensa permanenza in un campo base universale. Dopo averlo esperito ancora poco più di vent’anni dopo, si è liberato il ricordo e mi sono liberato finalmente dalla stretta morsa del corpo.
Le lezioni di filosofia all’università frequentata dopo mi sono servite principalmente per comprendere come comunicare quest’esperienza senza essere maledetto come eretico.
I due filoni che maggiormente hanno presa sono quelli separatisti seguaci del “penso quindi sono il mio pensiero” e intrappolati nella vigliaccheria cartesiana(non di Cartesio stesso che è compatibile) e quello di unità classica come forma univoca anche in visione dinamica. Un tuttuno con il proprio pensiero ed il proprio corpo.
Le esperienze cosiddette mistiche sono marginali perché non accessibili tramite l’esercizio della ragione e non pedagogicamente trasmissibili. Trasmettere un sapere non comunicabile ma necessariamente esperibile individualmente è solo possibile in teoria.
Dato per scontato che i professori in questione abbiano esperito ciò, si pone il problema del metodo. E’ come nelle teorie di gioco di Gadamer, ponendo nel mezzo un obiettivo elevato per tutti e fine a se stesso come tensione verso e poi lasciare la possibilità di provare ad esperire. I monaci buddisti della scuola theravada, tradizione forestale maggiormente presente nel sud-est asiatico, adottano un metodo più essenziale ma molto efficace, il vipassana.
La fuga dalla macchina desiderante.

—- AFORISMI —-

3
La vera fuga è il silenzio e la pace dentro se stessi, prima della tempesta del chiacchiericcio della mente. Se corriamo metafisicamente per la pace, innanzitutto bisogna conoscere come poter sfuggire a quello strumento che è la nostra mente.
Immersi nel tutto.

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Non c’è bisogno di una fuga per sfuggire agli effetti delle nostre azioni, già s’impongono contro la nostra volontà, che può essere indirizzata per il meglio sulla dissoluzione della causa, per evitare la “coazione a ripetere”.

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La “consolatio filosofica”, se non applicata, è “pura” vigliaccheria.

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“La sindrome di Mazzarò”.
L’ipocondria tipica del passaggio di conoscenza e di potere nelle mani dei giovani abili e forti è una delle responsabilità maggiori dei vecchi per il futuro del popolo, un egoismo di retaggio contadino tipico italiano.

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L’arte della fuga è riuscire a stare attenti nel mezzo di una folla.

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L’Arte della fuga e sapere guardare l’asfalto e sentirsi parte di esso.

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L’arte della fuga non è un pacchetto preconfezionato di concetti astratti, è la via del corpo.

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Dialogare elegantemente con se stessi aiuta a smettere di farlo quando se ne sente l’esigenza.

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Non darsi esagerati compromessi aiuta a non disperdersi nell’idea che si ha del futuro e tutto il rigido piano per ottenere l’applicazione della stessa.

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Il chiacchiericcio delle foglie di un albero esposto al vento sul mare, sembrano pensieri in corsa, a volte il vento si calma e il resto si acqueta.

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La rapidità nella quale siamo capaci di rifuggire in noi stessi è una qualità fondamentale, soprattutto quando integrata a del lavoro sul corpo. Ciò permette di trovarsi e di conseguenza ricordarsi che non si è il proprio corpo appunto perché è MIO, lo posseggo, quindi non sono esso.

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Concepire il numero zero è fermarsi ontologicamente sull’essere, ma in maniera fotografica, è preferibile la spirale ontologica. Viaggiare nell’essere.

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L’arte della fuga è cercare di esserci sempre.

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L’arte della fuga è ascoltare il corpo in evoluzione, immedesimarsi completamente in esso, seguire le sue potenzialità e guidarle nell’atto.
Viviamo in continuo movimento, anche quando crediamo di essere statici, la statica del corpo non è la statica della fisica, ma è un continuo divenire presente, continua metamorfosi dello stesso oggetto che non è oggetto perché siamo in esso.

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L’arte della fuga è riuscire a tornare da dove si proviene, anche per pochi istanti, così si può concepire un futuro migliore.

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Nell’evento continuo, nella pienezza, nel completo assorbimento calmo, nel rotolarsi a terra e nel bruciare lento della vita,l’arte della fuga inizia.
Presenza assenza, unione separazione, il tutto parte, sono gli estremi di quest’arte quando nello zero mi rifugio.

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Nel gioco della presa di coscienza dell’esserci ci si trova sospesi in un’epoché che non ha giustificazioni, permetto di niente osservare fenomenologicamente tutto così com’è.

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L’arte della fuga è saper far brillare la superficie del corpo consapevolmente. Ciò permette di rendersi conto di quanto tempo passiamo in fuga, miserabilmente…

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L’arte della fuga è riuscire a restare attenti nel percorso biografico-psicologico, allerta durante gli eventi traumatici della nostra vita ed a osservarli con consapevole serenità. Dopo la tempesta dell’apertura del ricordo…

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Guardare l’orizzonte mentre i pensieri scivolano dolcemente è immediatamente si apre l’orizzonte presente è ritornare al numero zero ontologico,
è una spirale di vita.

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La mente è lo strumento che usiamo per salvarci, e anche se a volte diventiamo schiavi di essa, possiamo ritornare al piacere e serenità del presente. Anche questa è l’arte della fuga.

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Nel secondo e nell’attimo, nel cammino, nella corsa, nel movimento, nel salto, nella danza, nell’osservazione attiva, nel viaggio ci si può muovere a spirale attenta.

99
L’arte della fuga è un pizzico di nevrotismo soddisfatto, una continua giustificazione per non rimanere presenti.

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