Ku Kongola Ku Za Pulumusta Ziko /La Bellezza Salvera’ Mondo

È qualche giorno che siamo in Zambia, Lusaka. Ci troviamo dentro il compound, in pratica un agglomerato di case con 35 mila abitanti fatto di stradine di terra e case di ogni tipo nella periferia della città. Diego vive qui da alcuni anni e dal 2012 ha fondato una Ong locale che sia chiama In and Out of the Ghetto, che si occupa di attività sociali di vario tipo all’interno del compound:  asilo, le ripetizioni per vari classi di età, assistenza durante le emergenze, tipo quella del colera, e moltissime altre attività che a seconda dei bisogni mettono in atto. Viviamo in una guest house della ong, la Panjilla House, che per essere qui è un lusso, abbiamo l’elettricità, l’acqua, un pannello solare per quando va via la luce(e l’acqua), cosa che succede tutti i giorni per alcune ore e un piccolo giardino di fronte. Diego è l’unico bianco residente nel compound e infatti quando passiamo con la macchina per le stradine tutti i bambini gridano Diego! Diego! Diego! E lui gli suona il clacson… ora mentre camminiamo per la strade con Maira ci chiamano Diego anche a noi, come fosse il riconoscimento di un bianco… è buffo!

La gente è sorridente, saluta, ci chiede come stiamo e con le due parole che abbiamo imparato per salutare sembra facciamo discorsi… Muli Bwuanji! Tili Bwuino! C’è tutto un mondo di affetto collettivo qui. Mi sento sereno a camminare per le strade del compound, a parte qualche ubriacone e qualche fumatore di crack si sente l’accoglienza, a volte la stranezza del nostro passaggio, al punto che alcuni bambini si nascondono al nostro passaggio quasi fossimo mostri. Il resto dei bambini invece vengono vicino, ci danno la mano, ci accompagnano per alcuni metri del cammino. Le donne, molte con i bambini addosso, dappertutto cucinano una polenta di mais in piccole braci di carbone.  Il piatto nazionale. Ieri sera Ethel, la compagna di Diego ci ha fatto mangiare per la prima volta il piatto tipico locale con verdure e pollo, voleva farci assaggiare per prima il cibo zambiano e noi siamo stati contenti di averlo assaggiato da lei.

Stiamo attenti al cibo nel compound, mangiare per strada è sempre un po’ un rischio, le diarree sono all’ordine del giorno.  Sappiamo molto poco della cucina, certo che vedere per strada una sorta di cavallette fritte che avevo già visto in tailandia e dei topini arrostiti(che neanche molti locali mangiano) ti fa capire subito che per alcuni la realtà è molto dura.

Fuori dal compound  è tutta un’altra cosa, ci sono dei piccoli centri commerciali dove si vede una realtà più ricca, ambasciate, ville e altre dinamiche sociali.

Sebbene la povertà esistente, a primo impatto troviamo delle cose che sono meglio che da noi in Europa, i bambini che giocano per strada, che si muovono liberi, che partecipano alle attività dei grandi aiutandoli, senza necessariamente perdere quelle essenza di bambini che hanno. La spontaneità, che è alla base della creatività e del benessere interiore, è viva, attiva. Siamo lontani da i bambini imbambolati con gli ipad in mano, atrofizzati dalla televisione, ristretti in sistemi di sicurezza che fanno si che un bambino e perfino gli adolescenti vengono accompagnati dappertutto per paura che gli possa succedere qualcosa, un sistema di regole-prigionia che pare proteggerli e invece crea un muro tra loro e la comunità. Li rende schiavi e dipendenti dalla presenza di un tutor per muoversi, per entrare in relazione spontanea. Mi viene in mente la canzone “mother” dei  Pink Floid, dove parla delle paure della madre che alla fine aiuta a creare una corazza al figlio: The Wall!

Madre, pensi che faranno cadere una bomba?
Madre, pensi che a loro piacerà la canzone?
Madre, pensi che cercheranno di fermare le danze?
Madre, dovrei costruire un muro?
Madre, dovrei candidarmi alla presidenza?
Madre, dovrei fidarmi del Governo?
Madre, mi metteranno in prima linea?
E’ solo una perdita di tempo

Su, bambino, non piangere
La tua mamma farà avverare tutti i tuoi incubi
La tua mamma di inculcherà tutte le sue paure
La tua mamma ti terrà qui sotto le sue ali
Non ti lascerà volare ma forse ti permetterà di cantare
La tua mamma terrà il bambino caldo e coccolato
Oh, bambino, e naturalmente la tua mamma
Ti aiuterà a costruire il muro

Madre, pensi che sia abbastanza brava per me?
Madre, pensi che sia pericolosa per me?
Madre, farà piangere il tuo piccolo bambino?
Madre, mi spezzerà il cuore?

Su, ora bambino non piangere
La tua mamma sceglierà per te tutte le tue amichette
Non ti lascerà avere a che fare con cattivi soggetti
La tua mamma attenderà sveglia
Finché non sarai rientrato a casa
La tua mamma scoprirà sempre dove sei stato
La tua mamma ti manterrà sano e pulito
Oh, bambino, tu sarai sempre il mio bambino.

Madre, c’era proprio bisogno di farlo così alto?

 

Quindi guardo questi bambini e vedo la differenza tra noi che viviamo in un agio relativo, che sembra abbiamo tutto per vivere confortevoli e sicuri, mentre invece  alimentiamo quel senso di paura che costruisce muri e allunga le distanze.

Certo qui ci sono un sacco di problemi diversi, nel compound c’è HIV, tubercolosi ed altre malattie, l’aspettativa di vita nel Paese è 45 anni, comunque ogni volta che vengo in contatto con una realtà che apparentemente è in difficoltà, cerco di stare attento ai pregi che ha, alla bellezza che c’è, alla meraviglia che un compound che pulsa di vita sin dalla mattina e che da il ritmo alle giornate ha.

Domani andremo in Università, andiamo a vedere come accordarsi tra la Ong di Diego, i corsi che farò agli studenti universitari nel dipartimento di psicologia e la possibilità che vengano qui ad aiutare altri ragazzi, sicuramente molto più in difficoltà di loro, ad entrare ed uscire dal ghetto. Sappiamo che sarà difficile, in una realtà che non copre i bisogni di base, il volontariato è un lusso. Un lusso che forse ci possiamo permettere noi e che qui è più difficile, quindi bisogna trovare una strategia in cui gli studenti di psicologia possano venire qui ad aiutare gli adolescenti del compound a migliorarsi, a emanciparsi, a entrare ed uscire dal ghetto e trarne un beneficio loro stessi, altrimenti non verranno.

Ora il sole batte sulla capanna della Panjilla House dove viviamo, delle donne prendono l’acqua dal rubinetto che la Ong ha lasciato a disposizione per i vicini e una di queste donne mentre i secci si riempiono sta pulendo il vialetto, toglie le foglie in giardino, riassetta il luogo e gli da dignità. I bambini ci salutano e ci chiedono una foto.

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Ecco, rinforzare la dignità, questo sarà uno dei temi principali su cui bisognerà lavorare.

La dignità…

 

Ku Kongola Ku Za Pulumusta Ziko!

alberto, Panjilla House, Bauleni Compound, Lusaka, Africa, Pianeta Terra

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