Nel Cuore ad Herat

C’è il sole qui ad Herat, la pioggia non si vede da settimane.

Gli uccellini cantano e c’è una leggera brezza.

Di giorno fa caldo e di sera arriva il fresco.

Immagino le foglie in italia che cambiano, ma qui la trasformazione è diversa, la sento nella temperatura giorno per giorno più che negli alberi, qui sono pochi e la maggior parte sempreverdi.

Oggi mi sono preso un giorno per non fare nulla e riflettere.

Settimana scorsa è venuta una sorta di colicisti e sono stato accolto dalla croce rossa del campo militare di Herat 🙂

sono stati carini e gentili e ho visto più umanità di quello che ci si aspetta in un campo militare per fortuna.
Credo che mi stavo addossando tutto il carico delle ultime due settimane passate con 40 studenti di psicologia a parlare di paure, di eventi traumatici, bisogni, emozioni, repressione, matrimoni combinati, mogli insoddisfatte, pressione sociale contrapposta al supporto sociale:

degli eventi che noi vediamo solo nella televisione

ma che qui hanno creato dei traumi,

da cui ci vorrà molto tempo per uscirne.

La loro energia e voglia di continuare mi sta spingendo a trovare risorse economiche per farlo, a studiare ogni strategia e a chiedere spudoratamente aiuto.

Poi mi guardo e rifletto perché lo faccio… lo faccio per molti motivi; il primo è perché sento di farlo.

Può sembrare il più banale e alcuni potrebbero domandarmi: perché ti senti di farlo? 

Perché me l’hanno chiesto risponderei.
Mi hanno invitato a insegnare in universita’ perché mi hanno avvistato a un corso che avevo offerto al Movimento Nazionale Giovani Afghani, (offerto perché si erano presi cura di me, protetto e ospitato appena arrivato ad Herat), alcuni studenti che erano presenti e hanno spinto l’Università di Herat a invitarmi.

Io sarei dovuto andare a Kabul e farlo a pagamento per stranieri, magari per l’onu.

Alcuni potrebbero dire si, ma tu te la sei andata a cercare.

Certo.

Pensate che uno sano di mente possa decidere di andare in Afghanistan a fare corsi? 🙂

Al di là di tutti i se e tutti i ma,

mi fa piacere un sacco continuare con loro e aprire altri corsi come mi hanno chiesto.

Mi insegnano un sacco questi ragazzi.

Hanno dieci anni di maturazione in più del loro tempo anagrafico.

Dopo le ore del laboratorio, seminario, workshop, lezione, chiamiamolo come ci pare, mi chiedono consulenze private.

Fino ad ora le facevo in giardino, da una parte all’altra.

Sono donne che mi chiedono mille cose, continuo a fare per loro il confronto con la nostra cultura, a parlare con loro senza giudizio di temi che qui non si possono affrontare con nessuno, che non possono confidare a nessuno, neanche alle loro amiche.

Sarebbero giudicate e perseguitate psicologicamente per sempre.

Lo stigma qui può essere annichilente.

A volte mi devo limitare ad ascoltare e dare il mio punto di vista, anche se certe volte mi piacerebbe di dirgli di fare così e colà, ciò che farei io, ma per loro è giusto?

Se agiscono come agirei io nella loro società a che cosa vanno incontro?

Riusciranno poi a reggere lo sputtanamento sociale?

Ce la faranno a sciogliere le malelingue arpie che s’infiltrano nella comunità di appartenenza e sopravvivere(che qui è reale, non fittizia) e che potrebbero metterle alla gogna sociale in quattro e quattrotto?

Non lo so, rimango cauto e quando sento delle storie di alcune donne che mi parlano dei loro mariti e del pensiero degli altri sto schiscio.

Chi sono io per fargli fare una rivoluzione?

Da che principi partono le mie ragioni?

Chi è nella verità?

Umanamente sento un sacco di affetto per loro e ho deciso di allungare questo corso, anche se non so come faro a mantenermi.

È troppo importante per loro e probabilmente lo è anche per me.

Se lascio perdono una speranza, perdono una possibilità.

Certo ce ne sarà un’altra, ma ora c’è questa e la loro determinazione per mantenerla, mi da la forza e il coraggio di restare.

I soldi dopotutto, arrivano se devono arrivare.

Dovrei scrivere progetti, fare calcoli dei costi, mettermi nelle carte che mi allontanano da quello che sono, da quello che sono capace di fare, ognuno ha i suoi limiti. Probabilmente scriverò lo stesso qualcosa, ma ci vorrà un economista più che uno come me per fare questo.

Rifletto sul cambiamento repentino che questa società ha avuto, su questa sorta di democrazia imposta, su questo distacco completo da quello che vedono tra i film oggi e la loro società,

sui loro nuovi confusi riferimenti,

dai mullah ai media,

dal corano alla discomusic.

Quindi nelle loro menti avviene questa sorta di scissione tra quello che vivono nella realtà e quello che gli viene proposto, infiltrato nelle loro menti tramite il subdolismo della tv,

dei nuovi media,

di tutto ciò che fino a poco più di dieci anni fa era sconosciuto.

Un’altra cosa è la fame di libri diversi.
Ho chiesto a loro in questo corso chi sono i loro riferimenti psicologici, gli autori, ho accennato vari nomi, ma siamo in un  mondo culturale che ha riferimenti molto diversi

qui le traduzioni arrivano dall’Iran, e tutta la censura che c’è lì di conseguenza arriva qui…

è come se facessi tutto daccapo.

Come se fossero tabula rasa.

Mi baso su di loro, sulle loro esperienze, sul loro vissuto, più che sui riferimenti che hanno.

Parto da loro e mi muovo in là, più in la.
Il lavoro di traduzione di libri significativi richiederà anni.

Vivo in una casa di un amico afghano con la sua famiglia.

Chiaramente, secondo i canoni di sicurezza per stranieri, per le ambasciate e per tutti quelli che si occupano di sicurezza per le persone internazionali, la mia vita è in serio pericolo.

Per loro dovrei vivere in una casa mezza blindata con guardie all’ingresso,

autista (se non macchina blindata),

ogni spostamento segnalato,

mai camminare per strada,

andare solo in posti considerati sicuri(praticamente quasi nessuno), avere sempre un interprete,

un organizzatore logistico,

una segreteria,

il Turaia(telefono satellitare),

ultimo ma non per importanza, una Organizzazione Internazionale….
Ne avessi una 🙂

Adesso capite perché vengono spesi un sacco di soldi che per le attività umanitarie in costi di gestione, infatti qui gli afghani qui si lamentano che la maggior parte dei soldi che vanno per l’Afghanistan dalle organizzazioni internazionali, tornano da dove sono venuti.

Attenzione,

poi ce ne sono alcune che fanno dei bellissimi lavori qui e che la gente adora, sono da lodare piuttosto che biasimare, ma la realtà internazionale in linea generale è così.

Vi farei vedere come girano quelli delle mille organizzazioni dell’ONU…

Meglio di no, vi arrabbiereste un sacco.

In classe parliamo di tutto, perché non sono lezioni normali ma è tutto è in forma interattiva, ci sediamo in cerchio, bisogna trovare nell’esperienza un insegnamento, è poi, incarnarlo e integrarlo nella nostra vita.

E’ dà loro che nascono molti degli argomenti cui trattiamo e cui lavoriamo praticamente, per quello che il lavoro psicofisico permette in quella cultura.

L’altro giorno abbiamo fatto un lavoro sulle posizioni fisiche delle varie religioni in preghiera con un software e un biofeedback per provare scientificamente che cosa avviene quando si mette la mano sul cuore alla maniera: islamica, indù, cristiana, ebraica, taoista e buddista. Molti di loro hanno provato. è stato divertente come con un semplice aggeggio si sia potuto riflettere sulle diverse religioni, senza fare teologia spiccia.

Quando si trattano argomenti così, mi sento sempre sul filo del rasoio.

Rischio di ferire la loro sensibilità ideologica. Sono muri che in qualche modo cerco di far analizzare da loro, mostrandogli differenze, portando esempi concreti di situazioni opposte, dandogli la possibilità di guardare la realtà che vivono e in cui credono da più punti di vista possibile, il lavoro di farli cadere in fondo… è loro.

Cerco solo di essere pronto quando gli si infrangono addosso e rimangono attoniti,

li guardo e sorrido,

sono li con loro,

Presente.

Sono soddisfazioni che arrivano dosate, ogni tanto si aprono voragini di comprensioni e arrivano Insights, si dissolvono nuvole, gli si brillano gli occhi.

La comprensione profonda ci cambia, c’inonda e ci trasforma in un attimo.

A volte succede il contrario però e cerco di reggere le resistenze e lasciarle vivere, hanno il diritto di mantenerle finché non riescono a farle cadere.

Comunque, che belli che sono!

Li sento che vogliono cambiare, hanno voglia di far si che tutto migliori, che sia meglio, che si possa creare una società migliore, o perlomeno, che riescano a mantenere il più possibile la Felicità.

Questa modalità o stato che è in tutti noi e che basta solo riacciuffarla dentro!

È in Afghanistan come a New York, come a Milano, come a Lanzarote, a Kabul a Benares, dal mio amico Diego nel compound in Zambia, dentro di voi e dentro di me.

Fuori il mondo può risucchiare tutte le nostre energie, ma avremo sempre questo spiraglio che si apre e ci fa brillare di nuovo, sia che abbiamo le gambe o meno, sia che viviamo nel deserto che nella giungla di città.

È dentro di me e dentro di te.

Quando ciò si manifesta anche dopo mille confessioni di abusi, di violenze di ogni tipo, di bombe scoppiate davanti casa in cui muore uno zio o un parente davanti ai tuoi occhi, in qualsiasi esperienza scioccante che ci profondamente segnato…

Tu,
lui, lei

o chiunque di noi,
può accedere a questa esperienza che chiamiamo felicità.

Ecco,

questo per me è impagabile e mi insegna molto più che tutte le le grandi lettere,

mi da gioià interiore vedere questa esperienza nelle persone, nei corsi, negli incontri, nelle conferenze che cerco di fare dappertutto,

perchè anche in quelli che apparentemente non hanno nulla per essere felici

e lo riescono ad essere,

riescono a ricontattare quell’esperienza che chiamiamo felicità,

che la riescono a mantenere viva,

che la donano,

che la fanno brillare… ecco allora in tutto questo ci sento un senso.

E’ questo che sto imparando sempre di più qui,

a come farla emergere.

Dove tutti vedono buio
Cerco di far brillare la Luce.

Grazie Afghanistan, Grazie Herat, Grazie ragazzi. È Magnifico.

intanto ascolto jarabe de palo, quiero ser poeta…

v=93oMlTVsFY4

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