La autodistruzione dell’uomo schiavo della macchina che si è creato è arrivata ai limiti del successo.
Nelle metropolitane milanesi(ma non solo) c’è di media un suicidio a settimana ma oramai non fa più “notizia di cronaca” perché il cinismo è arrivato a livelli industriali, si alimenta dalla poca consapevolezza dell’autoconservazione del proprio corpo, quello che oggi è macchina.
C’è chi dice che è la completà liberta dell’individualità e c’è chi dice che è un peccato, c’è chi dice che è una malattia sociale e c’è chi dice che è la volontà massima.
Volontà di potenza. Quindi mancanza di potenza espressa nella volontà massima di odio del se pseudo amore del se.
Fuori, nel mondo,
cerchi materiale di gioia:
ma solo in te stesso
lo puoi trovare
tagore
Rifletto sul dove si và, sull’obiettivo più intimo, sulla verità. Verità. Verità che non è il relativismo delle accezioni mentali, verità come mistico assorbimento nel tutto.
Se ci è dato di dire che la ricerca della felicità è il fine ultimo di ogni essere vivente “pensante”, se ci è dato di dire che ognuno è illuminato, anche solo per un secondo, ci si accorge che la felicità è qui e ora e ci può arrivare ognuno prescindere dal suo livello culturale. Verità, immersi nell’eternità dell’istante, immersi e pervasi da ogni cosa intorno a noi, il contatto con ciò che viene chiamato dio. Che non è un essere antropologico ma questo contatto che avviene se siamo attenti ad ascoltare, se riusciamo a lasciar andare il turbinio della mente, fino a quando si acqueta e pare scomparire.
Ne risultà che c’è qualcosa di perverso nel voler allontanarsi dal sé per trovarla….verità.
Sé.
Se siamo arrivati alla consapevolezza di comprendere che noi non siamo il nostro corpo e non la nostra mente, ci sorge un dubbio sulla possibilità di rifuggire nell’eternità attraverso un salto nel vuoto per fuoriuscire.
Se uccidiamo il cogito ergo sum che s’identifica col pensiero.
Non so come poter fuoriuscire se mi sento pervaso dal tutto.
Fuoriuscire da che se negl’attimi immensi dell’infinito istante non c’è separazione tra noi e ciò che ci circonda, diventiamo, anche solo per un attimo, ciò che ci circonda. Persi nel tutto fluttuante. Al di là dello spazio e del tempo, al di la dei giorni e delle ore, al di là di ogni infinitesimale analisi più prossima del tempo, ci sentiamo immersi e felici nel tutto.
L’eternità è qui, felicemente nel presente. La nostra “Ora feliz”.
E’ sempre difficile spiegare delle “sensazioni” con dei concetti.
è necessario ampliarli.
Forse potremmo cominciare con rifuggire la separazione intrinseca della cultura occidentale. Penso quindi sono.
Avete mai provato ad sedervi con calma il un prato senza muovervi e non sentire la mente vacillare? Quando le noie del giorno, del lavoro, della famiglia e di tutte le relazioni cessano e l’attenzione è così alta che è come se non fossimo né la nostra mente, né il nostro corpo.
Attimi intensi di eternità.
Avete mai provato a camminare in giro per la città senza metà ma con il naso all’insù seguendo con piacere delle belle architetture? Ci si sente completamente immersi, ci si sente come parte dell’architettura urbana. E sono attimi interminabili, poi di nuovo tempo.
Avete mai provato a stare seduti con la spina dorsale a mò di cobra e sentire ad un tratto pervasi di “bene”?
In questi casi pare che un’energia si alzi dalla zona pelvica e si espanda, e un piacere ci avvolge.
Vi è mai capitato di incontrare una persona e al solo guardarla negli occhi ci si accorge che c’è un’affinità in più e poi si rileva tale, magari per tutta l’esistenza?
Ci si perde negli occhi di questa persona ed è come se già ci si conoscesse, e magari c’è più comprensione con essa che con persone che si conosce da una “vita”.
Vi è mai capitato di sentirvi in contatto con una persona cara ma esserle distanti dal campo visivo e a lei è successa la stessa cosa? Ci chiamiamo nello stesso momento. A tale ora ti ho pensato, anch’io. C’è stato un momento come se risentissi pienamente e fossi qui vicino a me.
Vi è mai capitato di pensare ad una cosa e una persona vicino a voi ha avuto lo stesso identico pensiero nello stesso momento? E ci si dice la stessa cosa, magari si ride e si dice anch’io… o noi?
Vi è mai capitato di guardare intensamente una persona che non può vedervi(per via del suo limite di campo visivo) che ad un certo punto si gira e vi guarda dritto negli occhi? Tipica scena è quella dei quattro ragazzi “indaffarati” a bere una birra fuori dal bar che ad un certo punto fissano il sedere di una ragazza che passa dall’altra parte della strada(ma non può vederli perché arriva da una direzione diametricalmente opposta e che si gira perché, a suo dire, si sente osservata. Alcune altre dicono di sentirsi letteralmente bruciare le chiappe.
Vi è mai capitato di trovarvi in una situazione che sentite di avere già vissuto(dejavù)? Pochi cercano di darsi una spiegazione ma una cosa è certa che noi siamo sicuri di averla già vissuta(e per favore lasciamo andare le teorie di freud sennò caschiamo di nuovo nel relativismo concettuale). Potremmo dire di avere superato la barriera di spazio e tempo. Ma non si può dire di avere fatto un viaggio nel tempo perché non si può scientificamente provare.
Vi è mai capitato di avere un capogiro e sentirsi come fuoriuscire dal proprio corpo? Tipico alzarsi da una sedia sul bus ed è come se ci si sperde, come se si fuoriesce per un attimo, si perde per un attimo la conoscenza…
Un’altra delle cose più assurde ma scientificamente provato con l’apparecchio kirlian, è quello della pranoterapia. Un’energia espandibile dalle mani che trapassa sulle altre persone, sulle piante e sugli animali e dà una sorta di sollievo. In questi centri, prima della macchina kirlian, utilizzavano fegato di bue. Praticamente per provare se avevi eccessiva energia che fuoriusciva bisognava mettere le mani a distanza di una fetta di fegato 10 minuti da una parte e dieci minuti dall’altra per una settimana e dopo la stessa si mummificava… roba da matti? Scientificamente no.
Potrei andare avanti con esempi per ore perché quando ci si accorge e non si negano più questi effetti se ne notano tantissimi e diversissimi.
Tutto questo perché? Tutto ciò per introdurre il fatto iniziale che noi non siamo il nostro corpo. E quindi è una sorta di pigrizia comunque “volerla fare finita”. Ci si distingue con l’io corporeo, mente e corpo e ci si immedesima con io sono il mio corpo e la mia mente io sono questo, l’apparenza di quello che siamo.
O meglio possiamo essere un io indivisibile, non sempre però, ed agire come un tuttuno, un’unità.
Prendiamo l’esempio del karateka che spacca il marmo con un calcio.
Se chiedete ad uno di loro come si può realizzare vi risponderà che lui non pensa, è completamente immerso nell’atto. Infatti, se per un attimo dubita, si rompe un piede.
Per loro il CHI o energia vitale deve essere concentrato tutto in un punto, in un punto solo. La mente tagliente come un rasoio e pum! Unità.
Ogni volta che noi pensiamo ci separiamo dal tutto, dubitiamo sulla verità. Cerchiamo la verità allontanandoci da essa. È assurdo ma viviamo così.
Ritorniamo al suicidio.
Diventa cosi difficile lasciare andare avanti il pensiero senza riconoscersi in esso che il corpo e la mente diventano una prigione, una prigione che ci creamo noi perché ci sentiamo separati e i rappresentanti maggiori dell’accademia ci insegnano che il pensiero è buono e giusto. Che dio ha scritto il mondo con caratteri matematici…ahh Galileo.
Noi non siamo il nostro pensiero, noi non siamo l’idea, noi non possiamo identificarci con le nostre idee, o perlomeno, possiamo identificarci a tal punto che incarniamo l’idea dandoci il maestoso obiettivo…la morte.
Quante volte esprimiamo concetti per punti, linee, e segmenti? E magari neanche facciamo più caso che non esiste il punto, la linea, le parallele ma che sono state inventate da noi o da quell’uomo giù in calabria tanti anni fa per renderci la pratica nella vita più facile anche se ben consapevole che non si poteva trasmettere certe cose scrivendole ma che era necessario che il trapasso di certe informazioni andava fatto direttamente da maestro ad alunno con tutti i rischi che si poteva correre e che ben sapeva, infatti, egli non a scritto niente ma i suoi discepoli si. Pitagora. Da li poi ci spostiamo ai capri espiatori di una situazione insostenibile politicamente, il potere della chiesa ai tempi di Copernico, sofista d’avanguardia non scienziato o scienziato nella moderna accezione del termine, Galileo, altro sofista e infine Descartes o Cartesio come ci piace chiamarlo per un senso di possesso, che addirittura per sfuggire al sottostare del
potere pensa quindi è…
eh, e i 4’000 anni di scienza vedica sono andati a farsi fottere. Karma = legge di causa effetto universale. Ma comprendere questa sintesi tipica matematica Nostra-na, richiede ben altro che uno schemino. Ma noi siamo superiori quindi che importa?
Ritorniamo al suicidio…
Tutti noi viviamo esperienze mistiche, anche se non c’è ne accorgiamo o non le definiamo tali, a tutti noi capitano. Ma, la mente che non controlliamo perché ci identifichiamo in essa ci fa subito distogliere il pensiero perché certe cose logicamente sono impossibili. Certo, ragionando per punti e linee non si arriva a dimostrare certe esperienze. Poi la nostra cultura non l’ammette. Al rogo!
Al rogo chi non la pensa come noi.
La fisica quantistica, a rispetto della fisica cosiddetta classica che deriva dai nostri amici menzionati prima, sta iniziando a spiegare certi fenomeni. Ma senza andare in disquisizioni ideologiche, o inquisizioni ideologiche, possiamo parlare per un attimo dell’omeopatia, il cosiddetto “effetto placebo”. Gli scienziati non sanno spiegare però il perché l’omeopatia può curare le piante e gli animali, Che non “pensano”, quindi non possono essere suggestionati.
Questo è un mistero.
L’energia è un mistero, l’energia emanata dalle mani è un mistero scientificamente provato, l’energia omeopatica diluita più di cento volte è un mistero ma funziona, l’energia concentrata in un punto da un’esperto di arti marziali è un mistero, l’eros o energia che vibra tra due persone a distanza è un mistero, lo yogi che medità ed esce dal suo corpo raggiungendo il jhana è un mistero, lo stare immersi nel tutto nel prato è un mistero, l’energia dell’ossigeno è un mistero scientificamente provato, l’energia del sole che ci dà sollievo e ci carica è scientificamente provata ma rimane profondamente un mistero, la mummificazione della fetta di fegato è scientificamente provata, mistero.
Possiamo continuare per “punti” e non approfondirne uno.
Illusione?
O illusione di essere il proprio corpo e la propria mente?
Questo non è un mistero basta pura attenzione.
L’eternità, al di là dell’alienazione che anch’io come voi(e qui notate la mia unità e quindi il distacco da voi) viviamo nel giorno lavorando e perdendoci in quello che facciamo, perdendo di vista il tutto, lo stare immersi nel tutto, viene meno.
L’eternità che siamo profondamente, siamo eterni, consapevoli o no, siamo qualcosa di fluttuante e vibrante insieme a questa mente e a questo corpo che educhiamo continuamente o diseduchiamo se necessario, per conservarci e resistere al continuo mutamento, al continuo divenire, al continuo cambiare che ci manda in bestia in ansia perché cerchiamo di immobilizzarlo, cerchiamo di rimanere fermi ma non è possibile perché se proviamo ad ascoltare il nostro corpo, mentre in piedi cerchiamo di rimanere immobili ci accorgergiamo che non è possibile, sarà un continuo fluttuare e questo c’inquieta, ci “stressa”.
Piaget dice che il bambino fino a sei anni è animista, poi però la “cultura” lo in forma(geometrica) che non è così, che non è vero che tutto vive attorno a noi, che tutto è in continuo movimento, che le piante, gli anima-li, i minerali vivono di energia propria.
È li che bisogna tornare, è li che vedevamo senza un blocco mentale ideologico, senza struttura ma immersi in quel tutto che è l’eternità che tanto cerchiamo e che tanto cercano quei disperati che cercano rimedio nel suicidio, che cercano di tornare all’eternità attraverso una fuoriuscita dalla prigione mentale, dalla prigione dell’io, dalla prigione del penso quindi IO sono il mio pensiero.
Imprigionati nel pensiero e nel corpo, imprigionati nella convinzione matematica di essere ciò che non sono e in continuo struggimento per non riuscire a controllare la propria mente, il proprio corpo.
Schiavi di se stessi e schiavi di imposizioni morali che opprimono l’uomo a non essere, ad alienarsi per qualcun altro che a sua volta è alienato e non sopporta la libertà dell’eternità perché non la riesce a vivere, non riesce a stare nell’eternità. Un circolo vizioso di imposizioni perché non riusciamo a permettere di avvicinare più uomini alla semplicità del tutto, alla semplicità dell’eternità. Pedagogia immorale. O pedagogia immortale è quello di cui necessitiamo.
Sempre più separati sempre più divisioni, sempre più separazioni. Yeah!
E continuiamo a tener nascosta la morte, e continuiamo a rimuovere, e continuiamo a mascherare che spesso tanti di noi sono morti viventi, vivono la morte perché la pienezza della vita non la riescono a consumare, frammenti continui di morte in una vita programmata nel tempo, oggettivizzata dal tempo, obiettivo il tempo, e tutto sogna in un incontro immortale.