Il Re e il suo Regno, Navigare nei Condizionamenti…

Oggi è nuvolo qui ad Herat, il fresco arriva, piano piano si sente che il tempo sta andando verso l’inverno, verso il rintanarsi dentro, verso se stessi.

Le scuole qui chiudono a dicembre e riaprono a fine febbraio inizi di marzo mi pare.

Invece di mettermi a scrivere progetti, scrivo a voi. Vi porto le mie riflessioni su questa realtà, che mi fa pensare in questi ritagli di tempo che mi prendo, mentre penso a come fare a creare un centro di ascolto che possa aiutare le persone ad aprirsi, a comunicare senza giudizio, a scambiarsi risorse interiori, strategie di sopravvivenza emotiva, a scambiarsi una carezza.

 Una carezza…

Un abbraccio…

E qui non si può. Mentre parlavo con una ragazza e gli tremavano le mani per la paura che aveva a raccontarmi un po’ della sua vita, avrei voluto prenderle la mano e tenerla calda tra la mia, senza malizia, semplicemente per darle una prova “tangibile” della mia presenza, ma non potevo.

Bisogna essere parte della famiglia stretta per permettersi di farlo. Qui è così.

Poi ci sono i progetti occidentali che vogliono cambiare le cose, trasformare la cultura importando le varie pseudo liberalizzazioni della civiltà occidentale. Catapultare dei modi di fare totalmente scollegati dalla realtà locale, dal tessuto sociale, dalla rete fittissima di abitudini, che diventano cultura.

Mi viene in mente la storia di un re e di un villaggio. Il re era un ottimo re e la gente lo amava.

Un giorno il re si azzoppo e dal quel giorno dovette portare le stampelle. La sua frustazione lo portò a fare un editto: tutti nel regno avrebbero dovuto portare le stampelle. La gente rise all’inizio. Poi però lui ne ammazzò alcuni e la gente decise di usare le stampelle. Dopo qualche anno il rè mori. Ce ne fu un altro che poi mori anche lui. Un giorno alcuni ragazzini andarono sulla montagna a fare una gita e trovarono un vecchio che camminava senza stampelle. Era sfuggito all’editto da giovane nascondendosi sulla montagna. I ragazzi giorno dopo giorno andavano dal vecchio per imparare ad andare senza stampelle e un giorno tutti insieme iniziarono a camminare per il regno, un po’ claudicanti, senza stampelle. La gente si arrabbiò tantissimo, gli tirò pietre e loro dovetterò riusare le stampelle e ci vollero molti anni perché la gente potè cambiare l’abitudini che aveva e ascoltare quei ragazzi. La cultura di un villaggio, come un Paese è un po’ così. Dopo molti anni di abitudini interiorizzate ci vuole un po’ per cambiare le cose senza usare la violenza…

E’ per questo che credo che ci voglia un centro dove si catalizzi la possibilità di cambiare, ma che il cambiamento parta da loro, io posso solo far si di trovare il modo perché questo centro ci sia e cercare di creare le dinamiche giuste perché ciò possa avvenire.

Intanto vedo fuori le foglie che vibrano, ascolto Alina di Arvo Part e guardo Komeil, il mio compagno di stanza di 8 anni…

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