AMORE & MORTE

La primavera é scoppiata già da un pezzo.
Gli alberi fioriscono ed emanano profumi che risvegliano i sensi, l’acacia in fiore, l’ippocastani con i fiori bianchi e quelli speciali con quelli rossi, l’albero di giuda con i fiori violacei e tutti gli altri che trasmettono sè stessi tramite una vibrazione, un sapore, un profumo. I prati poi hanno schioccato i papaveri rossi, la malva con i suoi fiori viola, le margherite, la camomilla, e un intero mondo di piante aromatiche, di piante curative e selvaggie, la piantaggine, la nepitella, gli asfodeli, la ferula, la rucola piccante e beffarda, quella libera che non si trova nei supermercati. I bei fiori arancioni di calendula.
É un immenso brillare.
Quando ci si abbandona, é un ipnosi continua.
In viaggio dalla puglia verso nord, passando dall’Emilia, sono stato sedotto da questo tripudio di meraviglie del creato, in cui l’Uomo(E donna) é avvolto e in cui non ha potere, la benche minima forza di questi Esseri che siamo può interagire con la forza del sole che da vita a tutto e fa spuntare le foglie verdi, che ci tiene nella luce, che permette ai fiori di spumeggiare dal cemento. E poi gli uccelli, un tripudio del mattino con le loro scariche ormonali.
Ciò mi rende desto e amorevole, Grato.
Appena arrivato a milano ho sentito del festival di pianoforte pianocity e mi ci sono catapultato. Due giorni nel parco dietro il palazzo belgioioso ad ascoltare pianisti di tutti i tipi, un concerto dopo l’altro e intanto riflettevo sull’amore e sulla morte.
Ho sentito arrigo cappelletti in jazz, un concerto per dieci pianoforti, giuseppe di benedetto, il simpatico andrey kutov con i suoi scherzi come fosse un debussy dei nostri tempi e con cui ho fatto amicizia, sara costa con un repertorio classico intenso, carlo ciardo cappelli, sananda maitreya che ho scoperto essere terence trend d’arby in versione buddista e pianista dopo aver rinnegato il passato, ora invecchiato dolce e gioioso, anna stereopoulou intensa e determinata, hauschka geniale con il suo piano modificato e per finire in bellezza e filippo timi che leggeva dei testi sulle musiche di ludovico einaudi. Questa la giornata di sabato alternata da incontri di amici che andavano e che venivano e con cui affondavamo in un riflessione, in due parole e molti silenzi. E mentre l’intensità avanzava anche il pensiero si faceva piû fitto. Il desiderio di morire di tanti da che cosa deriva? Era già qualche giorno che incontravo persone che lasciavano emergere questa voglia. Ed avevo appena tenuto un seminario in puglia sulla morte e sulla rinascita. A un certo punto con nicolò e margherita é spuntata di nuovo questa assonanza, amore morte, in latino morte si dice mors e il privativo é amors(che sarebbe senza morte). Nella lingua pali, quella del buddha storico, mara significa morte, amara senza morte. E intanto pensieri venivano alla coscienza.
Durante le letture di filippo timi finisce con mettere accanto amore e morte. Il rapporto tra il piano e il pianista.
nuovamente…
Domenica altri concerti, gaetano liguori, michele fazio per poi dirigermi al castello con dina, una ragazza che avevo ascoltato suonare un pianoforte in una pausa tra un concerto ufficiale e l’altro, verso il concerto di julien layn e suoi “moments from within” che ci ha lasciato in un assordante silenzio per più di un ora, ipnotizzati dalla sua intensa musicalità circolare; pure i piccioni avevano smesso di volare…
E poi ancora un pò al parco a lasciar depositare queste intensità che si dibattevano nel sangue.
Questo intenso amore per la vita che quando manca é morte, o semplice desiderio della morte per nostalgia dell’amare, quell’intensa attività del “dedicarsi”, che suona un pò come “io mi dedico”; alla vita o più essenzialmente, a ciò che é senza morte, a ciò che di eterno c’é.
Quando mi dedico ad essere testimone di questo corpo che indosso, di questa vita, delle vicessitudini che mi coinvolgono e che coinvolgono tutta la comunità che osservo mentre cammino, é come essere nel regno senza morte, sono li, al di la di tutto. Siamo lí al di là di tutto.
Al di là delle tristezza di un insuccesso, di una relazione mancata, al di là della paura del futuro, oltre la rabbia che le cose non vadano come vorremmo, esiste la gioia di osservare tutto ed essere Presente; lo spazio tra le emozioni e noi diventa ampio, non siamo più le emozioni… Quando tutto si fa Presente, i pensieri svaniscono, si dissolvono, sono oggetti nell’aria che non ci assillano più. Sono come le stelle e i pianeti, noi siamo la terra. Loro sono presenti, si vedono, influiscono sui nostri moti ma non si scontrano con noi.
Il desiderio di morire non può emergere cosí, quella mancanza diventa un oggetto mentale che lunge dall’attaccarci, la pienezza dello spazio che si é fatto dentro noi o forse anche fuori di noi, ci protegge da certe poco amene spiaggie.
Quando la mente riesce ad essere bella salda in una direzione, quando la discipliniamo in un area, i pensieri cominciano ad allontanarsi e la morte lunge dal prendere il sopravvento.
Giordano Bruno diceva all’interno de “la cena delle ceneri”: Sono alcuni altri, che, per qualche credula pazzia, temendo che per vedere non se guastino, vogliono ostinatamente perseverare ne le tenebre di quello c’hanno una volta malamente appreso. Altri poi sono i felici e ben nati ingegni, verso gli quali nisciuno onorato studio è perso: temerariamente non giudicano, hanno libero l’intelletto, terso il vedere e son prodotti dal cielo, si non inventori, degni però esaminatori, scrutatori, giodici e testimoni de la verità.
Ecco si, Felici e ben nati ingegni, testimoni della verità.
Bisogna aver coraggio di rientrare nella vita, di rimodellare il nostro comportamento, di rientrare in quello stato di essere che é il nostro stato naturale, quello che fa spuntare le erbe in un campo. E bisogna lasciarle crescere senza falciarle con i tagliaerba del cervello, riconoscere la bellezza anche delle parti di noi più spigolose, quelle ricche di ombra e di mistero che bisogna scoprire, a cui bisogna dare luce.
Per accendere Il faro bisogna ricordarsi che quell’esperienza serena di essere é la condizione vera cui siamo. Sembra parli astratto, ma sto parlando di un esperienza concreta cui é fondamentale avere fede, fede nell’esperienza semplice di Esserci serenamente e cercare di ritornare a questa esperienza che é il nucleo e centro di gravità di ogni nostra azione. E da questo, chiamiamolo stato(anche se un “moto in luogo”) che la vita ci sorride, che la vita si mostra, che le azioni vengono pianificate, e da qui che si fanno le vere scelte, non quelle condizionate dalla società o dall’essere in preda alle nostre cavalcanti emozioni.
Il centro é sereno, la periferia impazza.
Uscire dalle tenebre di quello che crediamo di essere, ed essere! Essere eterni nel presente.
AMARA(lingua pali) = Senza Morte
AMORS(lingua latina)= Senza Morte
Cosa c’é dopo la morte? Cosa ci rimarrà dopo la morte?
Grandi tradizioni religiose credono ad una vita dopo la morte, una vita altra, un essere di luce.
E qui io e voi che leggete c’interroghiamo sulla connessione tra morte e amore, sull’essere pienamente se stessi, e quindi sull’essere eterni.
Da qui il passo é breve, se io mi illudo di essere il mio corpo, e quindi mortale, vivrò il sentimento della morte, di sorella morta ogni qualvolta mi immedesimo nel mio corpo, ogni volta che per necessità e in tutto il tempo che per distrazione m’identifico nuovamente nel corpo.
La morte si affaccierà a me come una sorella, quando vivrò la paura lei sarà accanto a me. Consapevole o meno di questo connubbio tra paura e idea della morte, loro saranno come le tenebre, come la luce che si dissipa per mancanza di attenzione. E fate Attenzione che tutto ciò, più che frutto di essere elucubrazioni metafisiche, é un esperienza concreta sintetizzata a parole.
E di questo che stiamo parlando, il sentimento di morire, quel desiderio intimo che molti anelano e che non dicono a nessuno é comune a molti, Venite allo Scoperto!
Cercate di esigere da voi stessi un uscita dalle tenebre, uscite dalla finzione del sogno ed entrate senza metafore recondite nei meadri dell’esperienza dell’essere
Testimoni di questa realtà. Questa qui, ora. Mentre io scrivo e voi leggete che é un esperienza senza tempo.
Abbiamo bisogno di riconoscere che siamo in un esperienza senza tempo e che le battute dello spartito per scandire il ritmo e la metrica sono solo disegni che limitano l’infinito che c’é in noi.
E basta coi pensieri comodi sul fatto che quando il corpo é seccato noi possiamo riposare, é un’altra illusione che ci creiamo per aderire a quell’idea, tanto comune in questa società, che chi siamo veramente ha un inizio e una fine, una nascita e una morte, un alba e un tramonto.
Noi siamo un unità armonica con il tutto, tuttavia rimaniamo una sostanza a sè senza per questo sentirsi separati.
Ciò che ci separa dal mondo é il cervello che frulla, che si fa un sacco di seghe mentali per tagliare l’inscindibile, per sezionare l’unità, per vivisezionare un organo perfetto.
Quando poi il cervello ci serve usiamolo, ma stiamo Attenti a non farci usare dallo strumento che abbiamo, noi siamo Altro, siamo ciò che testimonia la presenza del cervello, possiamo osservarlo, quindi di fondo non siamo lui.
Amare questa carne senza rimanere troppo intrappolati nei suoi piaceri, senza rimanere succubi di un edonismo che ci rende vani o peggio di un calvinismo che ci rende secchi come un albero in agonia.
La carne é il mio strumento di percezione del mondo e vi dirò, secondo me me lo sono pure scelto cosí. In questa forma, in questo modo.
Un paio di settimane fa ho visto il corpo di un caro amico di famiglia, il più fedele amico di mio padre, Gianni.
Ricordo che a sette anni mi faceva parlare con le navi in sud america, con la sua gigantesca apparecchiatura radio, con l’alfabeto “Mors”.
L’alfabeto morto che con un punto e una linea, con un suono lungo uno corto e una pausa faceva passare comunicazioni oltreoceano. Ed io ero un bambino affascinato da questa esperienza tanto distante, tanto lontana, questa sorta di telepatia materica a migliaia di kilometri di distanza. Ho visto il suo corpo nella camera mortuaria e sorridevo, avevo il sorriso stampato in faccia, intorno parenti e conoscenti con un aria di tristezza, io ero gioioso, sentivo la bellezza dell’evento.
e pensavo che nell’ospizio dove stava e in cui sono andato a trovarlo qualche volta, si era rotto le balle di sentire i vecchi che aveva di fianco, lui era un tipo in continua evoluzione e sentirsi il corpo che non rispondeva ai comandi gli faceva un pò girare le balle, più che altro sentiva il peso di dover accettare atteggiamenti ridicoli. Per incoraggiarlo gli portavo letture e opere di carmelo bene, cosí si divertiva, vedeva l’illusione ridicola delle persone attorno a se, era consapevole della fusione con il tutto.
Parlava a bassavoce e sbiascicava un pò, faceva fatica, ma il suo essere era Presente, lui c’era. Anche il cervello gli funzionava… Come voleva lui.
E tutto questo corpo rarefatto e in disgregazione non attaccava ciò che lui era veramente. Vi ricordate Piergiorgio Welby? Quell’uomo che si fatto testimonial di un accanita battaglia per l’eutanasia. E alla fine ha vinto, morendo.
Quell’uomo era consapevolissimo di Essere, il suo corpo non rispondeva da molto tempo per via di una distrofia muscolare. Era da quando aveva diciassette anni che conosceva questa condizione. In una sua poesia diceva:
“Amo riflettere su ciò che mi circonda. Mentre tutti vivono di polemiche, il silenzio non mi spaventa. Amo la solitudine proprio come la luna, che seppur circondata da milioni di stelle illumina solitaria il mondo di luce pallida. Io sono una luna solitaria e questo é il mio diario.”
Il tema della morte e dell’amore é una questione delicata. L’esperienza dell’amore é una fusione, un fondersi con l’esperienza, un fondersi con la natura che ci circonda, un fondersi con la vita, un fondersi con l’altro sia in senso intellettuale che in senso emozionale, spirituale, fisico e sessuale. Un fondersi con tutto ciò che ci capita nelle giornate senza rifiutare, dicendo di si e accettando questa realtá che é l’unica che veramente abbiamo, l’unica che riusciamo ad afferrare veramente, l’unica che ci é concesso contemplare.
L’amore é una fusione con ciò che é amato, l’amore é fusione in se, una fusione con il tutto, un sentimento di Unità, una compresenza con tutto ciò che ci circonda senza un sentimento di differenza, un io sono questo e quello é altro, ma proprio Compresenza senza giudizio.
E questa Compresenza con il circondario, é la stessa compresenza che avviene durante la morte, é come se ci si disperdesse in particelle d’aria nell’unità del cosmo, un Amore Assoluto, un Eros Universale, un Amore Totale.
Tutte le grandi tradizioni che hanno aiutato chi é diventato accompagnatore ai morenti, come il Bardo Todol(il libro tibetano dei Morti) e molti altri testi sacri, insegnano che chi sta per morire in genere inizia ad avere paura di lasciare il corpo, appena prima di morire, vede una luce e si sente attratto ma nello stesso tempo ne ha paura, a meno che già conosce chi é veramente. In un certo qual modo e a un certo punto, Egli seguirà la luce (e lo faremo anche noi…) e s’inoltrerà nell’infinito universo et mundi…
AMORE E MORTE QUINDI COINCIDERANNO
AMARA>senza morte
AMORS>senza morte
AMORE>SENZA MORTE
AMORE ED ETERNITÀ COINCIDONO NELL’ESPERIENZA.
uscire dalla paura della morte significa amare, dare luce a ciò che veramente siamo, dare luce alla fusione con ciò che ci circonda, dare luce a ciò che siamo veramente.
É diverso dall’amore di un relazione di coppia, che si ha certe esperienze, però poi spesso rimane incagliata nel possesso di uno dell’altra, nell’aspettativa che l’altro/altra sia come io voglio, che debba seguire certi schemi sociali perché “la mia famiglia la pensa cosí e anche se non sono daccordo scelgo di seguire questa idea” (e mi separo dalla fusione per creare una bolla separata di visione) e tutto si butta nel cesso su quello che é l’amore veramente.
Le coppie che riescono a condividere questa profonda realtà e che riescono a non farsi troppo condizionare dalla “mafia della famiglia”, sono compagni spirituali non marito e moglie. Mafia della famiglia é un termine coniato da Silvano Agosti, che mi rispose ad un intervista sulla felicità in cui secondo lui, uno dei cinque punti che ostacolava la felicità era la mafia della famiglia. E guardate che é cosí.
Bisogna stare molto attenti.
A Chi segue un cammino spirituale, in varie tradizioni spirituali, uno dei precetti che gli viene dato é quello di allontanarsi totalmente dalla famiglia di origine.
Per quanto mi riguarda il lavoro é duplice, in primis allontanarsi per conoscere l’influsso che ha avuto su di noi e dei mostri che ci portiamo dentro. E poi ritornarci rimanendo attenti al reflusso e alla risonanza che certi atteggiamenti degli altri possonomavere dentro di noi. Ci vuole un grande coraggio. Per mostri intendo tutti i corpi estranei che si manifestano con delle proiezioni. Processi mentali acquisiti senza mai essere stati metabolizzati. Un esempio potrebbe essere che nostro padre davanti a un semaforo rosso si arrabbiava e noi dopo trent’anni, davanti a qualcosa che ci impone di fermarci ci arrabbiamo, non sappiamo perché, oppure crediamo di saperlo o ci inventiamo un motivo per giustificare la nostra azione, in realtà é un processo mentale che abbiamo integrato e che non é ciò che noi siamo, é qualcosa di esterno che si é instillato dentro di noi. In psicologia lo chiamano introiezione e proiezione.
Quindi essere noi stessi implica di riuscire ad estirpare le erbacce che sono state piantate dentro di noi e che hanno creato una coltre d’ombra tra noi e quello che siamo veramente.
Bisogna illuminare con torcia da olimpiadi queste ombre e farle dissolvere. altrimenti é la morte dell’essere a prevalere e la paura dela morte sorgerà. é quello che si manifesta senza il nostro consenso e sembrerà che sia l’essere a morire.
Capite cosa implica? La vera morte é una esperienza di fusione, l’altra, quella che esperiamo nelle nostre giornate é l’alienazione dell’essere che crediamo essere morte.
Ci allontana da ciò che fonde, da ciò che unisce, da ciò che Ama.
Un pò come la maggior parte di articoli giornalistici che inseriscono dentro di noi, dettagli frammentati, piccole cariche esplosive di separazione, mine anti-Essere. Minano il senso di amore, l’esperienza di Compresenza. Giocano sulla paura, sulla separazione e sulla frammentazione per instillarci il lore seme manipolatorio. Solo cosí avranno odiens. Una notizia bella richiama poco l’attenzione, passa tuttalpiù inosservata. E se non c’é odiens, non c’é pubblicità, e se non c’é odiens, non ci sono fondi per far andare il giornale, e il giornale muore (e noi torniamo a vivere…)
Bisogna sbattere il mostro in prima pagina per mantenere un giornale in vita e noi il mostro lo vogliamo fare uscire da noi, eliminare, allontanare.

Amore e Morte sono fusione.
… E ancora: Altri poi sono i felici e ben nati ingegni, verso gli quali nisciuno onorato studio è perso: temerariamente non giudicano, hanno libero l’intelletto, terso il vedere e son prodotti dal cielo…

Vincolarsi agli altri é una scelta importante, ricordarsi che il vincolo é impermanente é una consapevolezza.
Noi siamo Amore, Noi siamo SENZA MORTE
AMORE SENZA MORTE
UNITÁ
INSIEME
ORA
UNICO
INTERO
PIENO
AMO

dedicato alla Girandola, tra Amore e Morte

Alberto

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